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La Podologia nello Sport: il calcio
Il ruolo del podologo nella prevenzione degli infortuni nel calcio: approccio teorico e prospettive di integrazione nel team sanitario sportivo
1. Introduzione
Contestualizzazione: importanza del calcio come sport ad alto impatto fisico.
Rilevanza del piede nella performance e nella prevenzione degli infortuni.
Scopo della tesi: evidenziare il valore professionale e clinico del podologo nel calcio agonistico.
2. Aspetti anatomici e biomeccanici del piede nel calciatore
Anatomia funzionale del piede nell’attività calcistica.
Analisi biomeccanica del gesto sportivo (corsa, cambio di direzione, tiro, salto).
Sovraccarichi e stress tipici nel piede del calciatore.
3. Principali patologie podologiche nel calcio
Onicocriptosi, verruche, fascite plantare, metatarsalgie, lesioni tendinee, callosità, borsiti, etc.
Incidenza e fattori predisponenti (tipo di terreno, calzature, appoggio scorretto).
4. Il ruolo del podologo nello staff sanitario sportivo
Interventi di prevenzione:
Valutazione clinica e posturale.
Analisi dell’appoggio e della marcia.
Educazione all’igiene e alla gestione del piede.
Collaborazione con fisioterapisti, ortopedici e preparatori atletici.
Ortesi plantari e correzione delle disfunzioni biomeccaniche.
5. Il podologo nel calcio: esperienze internazionali e modelli di integrazione
Buone pratiche e linee guida ufficiali (es. FIFA, federazioni calcistiche).
Differenze con il contesto italiano: limiti normativi e opportunità di sviluppo.
6. Conclusioni
Sintesi dei punti chiave.
Valorizzazione del podologo come figura essenziale nella medicina dello sport.
Proposte per una maggiore integrazione della podologia nel calcio professionale e dilettantistico.
fine indice
Il ruolo del podologo nella prevenzione degli infortuni nel calcio: approccio teorico e prospettive di integrazione nel team sanitario sportivo
1. Introduzione
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Contestualizzazione: importanza del calcio come sport ad alto impatto fisico.
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Rilevanza del piede nella performance e nella prevenzione degli infortuni.
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Scopo della tesi: evidenziare il valore professionale e clinico del podologo nel calcio agonistico.
2. Aspetti anatomici e biomeccanici del piede nel calciatore
Anatomia e biomeccanica del piede nel calciatore
Il piede è una struttura complessa ed essenziale per il calciatore, fungendo da supporto e da organo attivo nell’azione sportiva. In posizione eretta il piede comprende 26 ossa, 33 articolazioni e oltre un centinaio di muscoli, tendini e legamenti.
Queste strutture ossee si organizzano in tre regioni principali: il tarso, il metatarso e le falangi.
Figura: principali ossa del piede umano (sezioni plantare, superiore e laterale), con tarso (blu), metatarso (arancione) e falangi (verde chiaro).
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Tarso (retropiede): comprende le ossa principali di appoggio e trasferimento di carico. Le ossa tarsali sono: l’astragalo (talus), il calcagno, il navicolare, il cuboide e i tre cuneiformi. Queste strutture forniscono la base ossea degli archi plantari e contribuiscono allo smorzamento degli urti. Il calcagno, ad esempio, funge da punto d’inserzione del tendine d’Achille, importante nella corsa e nel salto.
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Metatarso: formato da cinque ossa metatarsali; la loro disposizione e forma concorrono alla rigidità anteriore del piede durante la spinta.
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Falangi (dita): l’alluce (prima dita) ha due falangi, mentre le altre quattro dita ne hanno tre ciascunap. Le articolazioni metatarso-falangee (MTP) e interfalangee permettono flessione ed estensione delle dita, essenziali nel colpo di punta e nell’equilibrio.
Le articolazioni del piede sono numerose e permettono movimenti complessi di adattamento al terreno. Oltre all’articolazione tibio-tarsica (tra tibia e astragalo), fondamentale per la dorsiflessione e plantaflessione, abbiamo le articolazioni intertarsali (subastragalica, talo-navicolare, calcaneo-cuboidea) e le tarso-metatarsali. Queste strutture consentono i movimenti di pronazione e supinazione del retropiede, essenziali per l’adattamento laterale durante la corsa e i cambi di direzione. Infine, le articolazioni metatarso-falangee e interfalangee gestiscono i movimenti delle dita, completando la dinamica complessiva del piede.
Figura: muscolatura del piede umano. (a) Muscoli dorsali estrinseci superficiali (veduta laterale); (b, c, d) tre strati della muscolatura plantare (vista plantare). (Da OpenStax).
La muscolatura del piede include muscoli estrinseci (originanti nella gamba) e intrinseci (contenuti nel piede). I muscoli dorsali estrinseci principali sono il tibiale anteriore, gli estensori lunghi delle dita e dell’alluce, e i peronei (fibulari) lungo, breve e terzo【53†】. Questi controllano la dorsiflessione del piede e la stabilità laterale durante il supporto. I muscoli plantari estrinseci comprendono il tricipite surale (gastrocnemio, soleo) e i flessori lunghi delle dita e dell’alluce, responsabili della spinta in plantarflessione. La figura illustra i tre strati della muscolatura intrinseca plantare: (b) strato superficiale (es. abduttore dell’alluce, flessore breve delle dita), (c) strato intermedio (flexor digitorum breve, quadrato plantare, lombricali) e (d) strato profondo (abduttore del V dito, opponente, interossei plantari/dorsali). I muscoli intrinseci, insieme all’aponeurosi plantare, mantengono la volta plantare e contribuiscono alla stabilità della pianta durante la locomozione
Figura: sezione plantare del piede (pianta) con evidenza dell’aponeurosi plantare e dei muscoli intrinseci (in evidenza l’abduttore dell’alluce e le fasce muscolari plantari). (Da Sobo, 1909).
Un ruolo chiave spetta alla fascia plantare (aponeurosi plantare) e ai legamenti intrinseci, che collegano le ossa e sostengono gli archi del piede. Miralles e Miralles evidenziano che la combinazione di struttura ossea, legamenti plantari e aponeurosi forma un solido sistema statico di ammortizzamento. Questa “trave” di sostegno, infoltita da tessuto adiposo e muscolatura, assorbe le forze d’urto durante l’impatto con il terreno. In particolare, la tensione della fascia plantare regola l’arco longitudinale mediale: una sua corretta funzione migliora la restituzione elastica durante la spinta. Studi biomeccanici mostrano che all’atto del calcio la rigidità della caviglia (dorsiflessione fissa) aumenta l’area di contatto piede-palla e quindi la velocità del pallone. Ciò sottolinea l’importanza di un adeguato controllo dell’aponeurosi plantare e dei muscoli plantari nell’efficacia del gesto del tiro.
Le strutture neuro-vascolari principali includono l’arteria tibiale posteriore (che si ramifica nei vasi plantari mediale e laterale) e l’arteria tibiale anteriore (che continua come arteria dorsale del piede). I nervi motori e sensitivi fondamentali sono il nervo tibiale (rami plantari interno/esterno) e i nervi fibulari (peroneo comune, profondo e superficiale) per l’estremità inferiore. Tali vie nervose innervano i muscoli e la cute del piede, permettendo il coordinamento motorio e la propriocezione necessari per gli schemi motori complessi del calcio.
Biomeccanica del gesto atletico nel calcio
Il calcio coinvolge numerosi gesti atletici in cui il piede gioca un ruolo determinante. Ogni fase del movimento atletico – corsa, salto, tiro, cambi di direzione, frenata – impone specifiche sollecitazioni su ossa, muscoli e articolazioni del piede.
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Corsa: il ciclo del passo nel calcio include una fase di appoggio (stabile al suolo) che va dal heel strike al toe-off. Nei calciatori di lunga distanza si osserva un iniziale impatto di tallone in lieve supinazione, seguito da pronazione per ammortizzare il carico e infine ri-inversione dell’arco plantare in preparazione alla spinta sull’avampiede. Nei velocisti (sprinter) l’impatto è quasi esclusivamente sull’avampiede laterale (colpo a “zarpata”), con il tallone che rimane sollevato. Dalla prospettiva muscolare, la spinta propulsiva avviene mediante estensione di ginocchio, anca e forte plantaflessione (gastrocnemio, soleo): la velocità finale è condizionata dalla rapidità di plantarflessione al toe-off. Kenhub suddivide la fase di appoggio in cinque sottotappe (heel strike, foot flat, midstance, heel-off, toe-off), ognuna con attivazione muscolare specifica. Ad esempio, il tibiale anteriore eccentrico controlla il contatto iniziale, mentre gastrocnemio e flessori plantari si attivano potentemente nella spinta finale. L’energia elastica accumulata nella fascite plantare e nei tendini (ad es. Achilleo) viene in parte restituita, migliorando l’efficienza del passo.
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Salto: nel salto verticale, il piede è l’ultimo “ingranaggio” della catena cinetica. La fase di decollo si realizza principalmente in plantarflessione sull’avampiede e completa estensione di ginocchio/anca, sfruttando la componente elastica del tricipite surale. Al contrario, in atterraggio il piede assume una posizione più dorsiflessa, e l’impatto viene ammortizzato dai quadricipiti (contrazione eccentrica) e dall’inversione dinamica dell’arco plantare. Studi suggeriscono che i quadricipiti raggiungono alti livelli di attivazione durante l’atterraggio (oltre il 160% della contrazione massima volontaria) per dissipare l’energia cinetica. Una corretta tecnica di salto controlla la pronazione immediatamente dopo l’impatto, riducendo stress eccessivi su caviglia e ginocchio.
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Tiro (calcio): il gesto del tiro è multiarticolare e sinergico. La gamba di appoggio assorbe peso e stabilizza il corpo, mentre la gamba che calcia esegue un ampio backswing seguito da un’estensione rapida di anca e ginocchio. È stata evidenziata una sequenza funzionale prossimo-distale: l’anca si estende massivamente mentre il ginocchio è flesso, dopodiché il ginocchio si estende velocemente, trasferendo slancio al piede. Al momento dell’impatto piede-palla, la velocità angolare del piede raggiunge il picco, coincidendo con la quasi-completa estensione del ginocchi La dinamica del piede (mantenuto quasi rigido in dorsiflessione) massimizza l’area di contatto con la sfera: dati sperimentali indicano che un contatto più ampio porta a una maggiore velocità del pallone. In sostanza, per ottenere tiri potenti è cruciale far raggiungere al piede velocità elevata tramite una sequenza coordinata di tronco, anche, ginocchio e caviglia, Il tiro di collo piede (“punizione”) richiede inoltre il posizionamento angolato del piede (supinazione o pronazione) per dirigere la palla, coinvolgendo muscoli intrinseci nella stabilizzazione e tibiali nei piccoli aggiustamenti.
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Cambio di direzione e frenata: il calcio è ricco di accelerazioni, decelerazioni e cambi di direzione repentini. Nella frenata (decelerazione orizzontale) il piede svolge un’azione frenante: spesso si utilizza l’avampiede o il tallone per arrestare il moto. Studi recenti sottolineano che le decelerazioni ad alta intensità sono frequenti nel calcio e presentano caratteristiche biomeccaniche uniche (picchi di forza notevolmente elevati). Chiave per un rapido cambio di direzione è la capacità di dissipare efficacemente il carico: la letteratura definisce il penultimo passo come un “passo di freno” che prepara la decelerazione finale. Di fatto, durante manovre inaspettate il piede può appoggiare con il tallone (pattern di heel strike), contrariamente alla corsa in accelerazione che predilige l’avampiede. Tale transizione posturale riduce i carichi triassiali sul ginocchio, ma crea elevati rate di cambio di velocità. Inoltre, nell’ultimo appoggio di frenata il tibiale anteriore si attiva fortemente per controllare la dorsiflessione, mentre i quadricipiti lavorano in maniera eccentrica con attivazione molto alta (fino a ~160% MVC). In sintesi, le decelerazioni intense generano forze di reazione al suolo maggiori di quelle in accelerazione, rendendo cruciale un allenamento specifico su tecnica e forza eccentrica. L’allenamento del ginocchio e della caviglia per assorbire i picchi di forza è stato proposto come “vaccino” antinfortuni, poiché prepara l’atleta a resistere agli stress ripetuti della frenata.
Impatto biomeccanico su performance e prevenzione degli infortuni
Le caratteristiche anatomiche e biomeccaniche del piede influenzano direttamente la prestazione sportiva e la suscettibilità a infortuni. Un arco plantare ben funzionante (né eccessivamente piatto né troppo cavo) permette di immagazzinare e rilasciare energia elastica come una molla, migliorando l’efficienza in sprint e salto. Ad esempio, una elevata rigidità del piede (cioè rapide velocità di plantarflessione) è associata a migliori prestazioni di velocità. D’altro canto, disallineamenti o sovraccarichi strutturali compromettono l’adattamento meccanico: un piede iperpronato induce una rotazione interna della tibia e può predisporre a patologie come la fascite plantare, la sindrome tibiale mediale e dolori femoro-rotulei. I calciatori lamentano frequentemente dolore plantare compatibile con fascite, anche se spesso non viene diagnosticata clinicamente. Altri comuni infortuni al piede nel calcio includono distorsioni, contusioni e fratture da impatto; le analisi video indicano che la maggior parte deriva da contatti laterali (placcaggi) che provocano inversione o eversione forzata del piede.
In termini di prevenzione, è fondamentale rinforzare la muscolatura del piede (tibiali, peronei, intrinseci) per stabilizzare gli archi plantari e modulare le forze d’urto. Anche le calzature e l’assetto del piede giocano un ruolo: ad esempio, gli scarpini da calcio rigidi, con tacchetti, aumentano la tensione sulla pianta e sul tendine d’Achille, pertanto l’uso di plantari ammortizzanti o scarpe anatomiche può mitigare questi effetti. Del resto, la letteratura suggerisce che l’efficienza del sistema ammortizzante del piede (ossa, legamenti, aponeurosi) è cruciale per proteggere la catena cinetica superiore da sovraccarichi ripetuti. In generale, lo sviluppo di preparazione specifica (come esercizi pliometrici, stretching dei flessori, training neuromuscolare) mira a ottimizzare il contributo biomeccanico del piede alla performance e a ridurre il rischio di infortuni acuti e da uso eccessivo.
Tabelle comparative
Azione atletica | Contatto/Movimento del piede | Muscoli principali attivati | Note (forze carichi) |
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Corsa (sprint) | Impatto iniziale su avampiede o mid-foot; spinta finale in plantarflessione. | Tibiali (ant./post.), gastrocnemio, soleo, quadricipiti, glutei, peronei. | GRF di picco ~2–3× peso corporeo; importanza di elevata velocità di plantarflessione. |
Salto verticale | Spinta via avampiede con ginocchio/anca in estensione; atterraggio in dorsiflessione. | Tricipite surale (gastrocn., soleo), quadricipiti, tibiale anteriore, flessori brevi. | Estensione energetica → alte forze di spinta; atterraggio con contrazione eccentrica di quadricipiti e smorzamento con arco plantare. |
Tiro (colpo di punta/collo piede) | Colpo con il collo del piede (instep) in dorsiflessione; calcio in appoggio. | Tensori anca (ileo-psoas), quadricipiti (estensione), bicipite femorale (eccentrico), gastrocnemio, tibiale anteriore. | Sequenza proximale-distale: l’anca e il ginocchio estendono per prime; il piede accelera al momento dell’impatto Maggiore area di contatto piede-palla aumenta la velocità del tiro. |
Cambio di direzione (scatto laterale) | Appoggio rapido (spesso avampiede) seguìto da forte spinta laterale. | Quadricipiti (freno eccentrico), glutei, adduttori, peronei (stabilità), flessori plantari. | Le forze di decelerazione laterale superano quelle dell’accelerazione. Importante appoggio di penultimo passo come “freno” per ridurre carico finale. |
Frenata brusca | Contatto spesso con il tallone in dorsiflessione; spinta di arresto con avampiede. | Quadricipiti (eccentrici), tibiale anteriore, peronei, flessori plantari. | Elevatissimi carichi di picco (GRF) durante l’arresto. Quadricipiti raggiungono attivazioni >160% MVC per controllare la decelerazione. |
3. Principali patologie podologiche nei calciatori
I piedi dei calciatori sono sottoposti a sollecitazioni meccaniche ripetute: corsa, sprint, cambi di direzione bruschi, frequenti spinte sul tallone e carichi sul davanti del piede. Queste sollecitazioni, unite all’uso di scarpette da calcio aderenti e ai terreni di gioco (naturali o sintetici), favoriscono l’insorgenza di diversi disturbi podologici. Tra le principali patologie del piede negli atleti si segnalano:
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Fascite plantare (tallonite) Si tratta di un’infiammazione cronica della fascia plantare, la robusta aponeurosi che sostiene l’arco longitudinale mediale. La fascite provoca dolore infero-mediale al tallone, tipicamente al risveglio o dopo carichi prolungati. È una delle patologie del piede più comuni (colpisce circa il 3–7% della popolazione generale e oltre il 10% dei runners), e gli sport con frequenti carichi sul tallone (corsa, salto, ma anche calcio su terreni duri) sono particolarmente a rischio Tra i fattori predisponenti rientrano anomalie biomeccaniche del piede (piede pronato o cavovaro, limitata dorsiflessione della caviglia) e calzature inappropriate. L’impatto sulla performance è significativo: il dolore riduce la capacità di spinta al suolo e limita la tecnica di corsa e di calcio. Il podologo interviene valutando la meccanica del passo e il vento arch (p.es. con esame baropodometrico), consigliando esercizi di stretching del tricipite surale e prescrivendo plantari personalizzati o solette ammortizzanti per distribuire meglio le pressioni e ridurre l’ipertensione fasciale.
Figura: Aspetto anatomico della fascia plantare (in giallo) e aree di infiammazione da fascite plantare【20†】.
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Onicocriptosi (unghia incarnita). Colpisce principalmente l’alluce. L’unghia incarnita si verifica quando il bordo ungueale si conficca nel solco periungueale, causando una piccola ferita spesso infiammata. Tra le cause anatomiche ci sono curvature accentuate della lamina ungueale (forma “tegola”), ma i principali fattori scatenanti sono microtraumi (urti ripetuti contro l’avampiede) e scarpe da calcio troppo strette o portate male. In particolare, calciatori amatoriali e professionisti possono sviluppare onicocriptosi proprio per l’uso di scarpette aderenti e per i traumi da contatto continuativo. L’ingrossamento infiammatorio del dito e la possibile infezione (emicromo subungueale) comportano dolore intenso, gonfiore e arrossamento, ostacolando il gesto atletico. Il ruolo del podologo è essenziale: in fase acuta si procede alla rimozione della porzione di unghia incarnita e alla medicazione locale, alleviando immediatamente il dolore. In seguito si consiglia la correzione delle abitudini di cura delle unghie (taglio rettilineo evitando di asportare eccessivamente il bordo bianco) e l’uso di barriera protettiva (cuscinetti in silicone). In alcuni casi il podologo può applicare piccoli supporti ortesici o ricorrere, se necessario, a un intervento chirurgico mininvasivo per eliminare la porzione di lamina sporgente ed evitare recidive.
Figura: Evoluzione schematica dell’onicocriptosi (unghia incarnita) in tre fasi: unghia normale, inizio incarnimento, infezione secondaria【23†】.
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Metatarsalgia. Condizione clinica caratterizzata da dolore plantare nella regione delle teste metatarsali (avampiede), spesso definita come “sindrome del carico metatarsale”. Il dolore si accentua con la corsa, il salto e la camminata prolungata, e può essere percepito come sensazione di “camminare sulle pietre”. Le cause principali sono sovraccarichi ripetuti sull’avampiede dovuti a anomalie anatomiche (piede piatto o cavo, alluce valgo, dita a martello) e/o a difetti biomeccanici (iperpronazione, limitata dorsiflessione). Anche scarpe da calcio rigide o troppo strette aumentano la pressione sulle teste metatarsali. In assenza di dati specifici su calciatori, la metatarsalgia è comunque frequente negli sportivi con training intensi. Dal punto di vista funzionale, provoca dolore durante il rollio plantare in fase di decollo e riduce l’efficacia propulsiva del piede, rischiando di alterare la postura e la tecnica di corsa. Il podologo interviene inserendo rialzi e cuscinetti metatarsali negli plantari per sollevare le teste metatarsali e distribuire meglio i carichi, nonché suggerendo calzature con maggior spazio anteriore e ammortizzazione. L’analisi biomeccanica del paziente aiuta a individuare ed eventualmente correggere squilibri del passo (es. straordinaria pronazione) che sovraccaricano l’avampiede.
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Tendinopatie (es. Achillea). I tendini del piede e della caviglia, in particolare il tendine di Achille, sono a rischio per le continue accelerazioni, decelerazioni e spinte tipiche del calcio. L’achillotendinopatia si manifesta con dolore e tumefazione lungo il tratto achilleo, spesso in corrispondenza del terzo medio o dell’inserzione calcaneare. È dovuta da sovraccarico funzionale: allenamenti intensi, accelerazioni ripetute e movimenti bruschi impongono elevate tensioni al tendine. Fattori predisponenti includono sovrappeso, terreno duro, eccessivo allungamento dei gemelli (limitata dorsiflessione). La frequenza nelle scuole calcio è elevata (circa 20–25 casi su 100 atleti universitari studiati) e può cronicizzare se non adeguatamente trattata. Il dolore limita la spinta sul tallone, compromettendo la fase di propulsione e aumentando il rischio di rottura nel lungo termine. Il podologo collabora prescrivendo programmi di stretching ed esercizi eccentrici per il complesso tricipitale, utilizzando eventualmente rialzi nel tallone (tallonette) per ridurre la tensione achillea e monitorando l’andatura e la distribuzione delle pressioni al suolo.
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Verruche plantari (papillomatosi). Sono escrescenze cutanee ispessite causate da infezione da HPV (Human Papilloma Virus) localizzata sulla pianta del piede. Le verruche plantari semplici, le più comuni, appaiono giallastre e ruvide, spesso con piccoli “puntini neri” (microemorragie) sulla superficief. Sono dolorose alla pressione e alla deambulazione. Tra i fattori favorenti vi sono le microferite cutanee e l’ambiente caldo-umido degli spogliatoi e delle docce delle strutture sportive, dove il virus si trasmette facilmente camminando a piedi nudi. Nei calciatori, sudore e traumaticità del piede ne facilitano la comparsa. Dal punto di vista funzionale, le verruche plantari rendono doloroso l’appoggio e possono diminuire la propulsione. Il podologo può trattarle con rimedi topici (ad es. acido salicilico) o crioterapia, asportando in sicurezza il tessuto virale; inoltre consiglia protezioni di schiuma o silicone per ridurre la pressione durante il carico e impartisce istruzioni igieniche per prevenire la diffusione (asciugare bene i piedi, evitare il contatto diretto con superfici comuni)
Figura: Verruca plantare dolorosa (area centrale nerastra) sull’alluce di un calciatore in esame podologico【40†】.
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Callosità e duroni. I calli (o duroni) sono ispessimenti della cute dovuti a frizione o pressione eccessive e ripetute. Si localizzano frequentemente nei punti di maggior carico (metatarsi, tallone) o tra le dita. Nei calciatori sono tipici i calli metatarsali dovuti ai continui spinte sull’avampiede e quelli sul tallone causati da tacchi inadatti. Calzature strette o tacchetti usurati aumentano la pressione locale A differenza dei calli indolori, i duroni possono diventare sensibili e compromettere la camminata, alterando la postura. Il podologo rimuove regolarmente questi ispessimenti (con lima o raspa sterile) e suggerisce plantari morbidi o camere d’aria per scaricare i punti critici. Inoltre corregge le eventuali alterazioni anatomiche responsabili (ad es. alluce valgo o dita sovrapposte) per prevenire la ricomparsa.
Fattori di rischio (predisponenti). Le cause di queste patologie sono tipicamente multifattoriali. Tra i fattori biomeccanici vi sono piede eccessivamente pronato o supinato, piede piatto o cavo, alluce valgo, dita a martello e limitata dorsiflessione del ginocchio/caviglia. Queste anomalie modificano la distribuzione dei carichi plantari, sovraccaricando fascia plantare, tendini o metatarsi. A livello ambientale giocano un ruolo importante l’intensità e la frequenza degli allenamenti, i campi molto duri o artificiali, il clima freddo o particolarmente umido (che indebolisce la cute facilitando i microtraumi e le infezioni virali). Infine, tra i fattori legati all’equipaggiamento spiccano le scarpe inadeguate: scarpette da calcio troppo strette o con tacchetti logori, ma anche calzature da training non ammortizzanti aumentano i microtraumi. Scarpe strette favoriscono onicocriptosi e callosità, mentre scarpe inadatte possono scatenare fascite o metatarsalgia (come evidenziato anche per runner e calciatori).
Ruolo del podologo nella prevenzione, diagnosi e trattamento
Il podologo è una figura chiave per ridurre l’incidenza e l’impatto di queste patologie negli atleti. In fase di prevenzione esegue screening funzionali (es. analisi baropodometrica, valutazione dell’appoggio, della catena cinematica) individuando squilibri biomeccanici o limitazioni articolari. Su questa base consiglia esercizi di rinforzo e stretching mirati (es. del muscolo soleo/gastrocnemio per favorire la dorsiflessione), calzature tecniche appropriate e, se necessario, plantari personalizzati che correggano difetti dell’appoggio o proteggano aree a rischio. Nella diagnosi il podologo effettua esami clinici mirati: per esempio il test di Silfverskiöld (per valutare la dorsiflessione del piede con ginocchio flesso/esteso) permette di comprendere l’origine della fascite mentre ispeziona unghie e cute alla ricerca di calli, duroni o verruche e valuta la salute ungueale. In presenza di sospette lesioni profonde può avvalersi anche di esami strumentali (ecografia per fascite, esame microbiologico se infezione). Infine, nel trattamento quotidiano il podologo realizza e applica le terapie specifiche: prepara plantari con supporti (cuscinetti metatarsali, tallonette), asporta callosità con strumenti sterili, medica l’unghia incarnita o la tetanizza dopo aver rimosso il frammento che incide la pelle. Egli prescrive inoltre terapie fisiche o topiche (ad es. sollievo antinfiammatorio locale, crioterapia per le verruche) e collabora con il team riabilitativo per far seguire all’atleta protocolli di recupero funzionale appropriati. In questo modo il podologo non solo cura le lesioni in atto, ma agisce anche a livello preventivo per mantenere il piede dell’atleta in condizioni ottimali di funzionalità.
4. Il ruolo del podologo nello staff sanitario sportivo
l piede dello sportivo rappresenta il punto di appoggio primario durante l’allenamento e la gara: ogni gesto tecnico, dal cambio di direzione alla spinta in corsa, dipende dal suo corretto funzionamento. La podologia sportiva è la branca che si occupa dei problemi del piede legati all’attività atletica. Il podologo dello sport è quindi specializzato nella prevenzione e cura degli infortuni correlati all’uso del piede, con l’obiettivo di ridurre gli stop per lesioni e ottimizzare le prestazioni. In una squadra di calcio professionistica, questa figura sanitaria lavora a 360°: dal check-up iniziale dell’atleta fino al recupero post-infortunio, passando per l’ottimizzazione del gesto sportivo attraverso soluzioni biomeccaniche mirate.
Ruoli e funzioni del podologo
Nella squadra professionistica il podologo svolge funzioni chiave di screening, valutazione funzionale, trattamento e riabilitazione. Egli effettua valutazioni biomeccaniche approfondite del piede e del passo per individuare squilibri o anomalie che possano predisporre a infortuni. In fase preventiva il podologo monitora regolarmente gli atleti (es. analisi baropodometrica del carico plantare) e consiglia calzature o supporti personalizzati (ortesi) per ridurre il sovraccarico meccanico. Nel caso di lesioni acute (distorsioni di caviglia, tendiniti, vesciche, traumi a unghie ecc.), il podologo interviene con terapie locali (ad es. bendaggi funzionali, taping, esercizi mobilizzanti) in collaborazione con il fisioterapista. Infine, per gli infortuni cronici (fascite plantare, metatarsalgie, neuroma di Morton, sindromi da sovraccarico), progetta piani riabilitativi e ortesi su misura che favoriscono il ritorno all’attività in sicurezza. Gli obiettivi principali sono migliorare la postura e l’appoggio plantare, prevenire recidive e ottimizzare il gesto tecnico dell’atleta.
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Prevenzione: screening biomeccanico (analisi della corsa e della postura) e correzione di difetti (es. con plantari personalizzati) per ridurre il rischio di infortuni da sovraccarico.
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Valutazione funzionale: esami strumentali (baropodometria, analisi del cammino) e test clinici per misurare la stabilità, l’appoggio del piede e la relazione con caviglia, ginocchio e colonna.
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Trattamento: gestione di patologie acute e croniche del piede/caviglia (talloniti, tendinopatie, patologie ungueali, lesioni dermiche) tramite terapie podologiche, ortesiche e, se necessario, integrazione con altre terapie (fisioterapia, tecar, laser).
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Riabilitazione funzionale: elaborazione di protocolli di recupero che includono esercizi specifici (ad es. propriocettivi o di rinforzo del piede) e monitoraggio del rientro in campo, agendo sia sul sintomo che sulla causa per evitare recidive
Collaborazione con altre figure sanitarie
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Nella cura dell’atleta il podologo lavora in team con medico dello sport, fisioterapista e preparatore atletico. In genere il medico sociale sovrintende alla salute globale degli atleti e si avvale del podologo per questioni specifiche del piede o della postura. Il fisioterapista è fondamentale nella fase riabilitativa: segue il recupero dalle lesioni sportive (es. distorsioni di caviglia) integrando gli esercizi prescritti dal podologo e applicando terapie manuali o strumentali. Il preparatore atletico coordina gli allenamenti e integra gli input del podologo (es. programmi di rinforzo muscolare o lavoro di propriocettività) per prevenire futuri infortuni.. In questo contesto, come sottolinea la podologa del Valencia CF Carme Viel, “è un lavoro in squadra, mai detto meglio”: ciascun professionista deve instaurare un rapporto di fiducia con l’atleta e con il resto dello staff per massimizzare l’efficacia degli interventi.
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Medico dello Sport: coordina le visite di idoneità e gestisce le emergenze cliniche; il podologo segnala al medico eventuali condizioni sistemiche (es. diabete) o patologie croniche che coinvolgono il piede.
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Fisioterapista: co-progetta il percorso riabilitativo post-infortunio; adatta gli esercizi funzionali e le terapie fisiche (magnetoterapia, ultrasuoni, esercizi terapeutici) su indicazione del podologo.
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Preparatore Atletico: segue il training dell’atleta; include nei programmi di condizionamento esercizi consigliati dal podologo (per esempio, specifiche attività propriocettive o di rinforzo del ginocchio e della caviglia) per prevenire ricadute a lungo termine.
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Altri specialisti: il podologo può interfacciarsi inoltre con ortopedico, nutrizionista o psicologo dello sport quando vi siano patologie complesse (per es. patologie vertebrali correlate alla postura del piede) che richiedono un approccio multidisciplinare.
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Tipologie di intervento podologico
Il podologo dispone di vari strumenti diagnostici e terapeutici. In valutazioni biomeccaniche standard vengono utilizzate piattaforme baropodometriche e sistemi di analisi 3D del cammino per misurare la distribuzione delle pressioni plantari e la cinematica del passo. Questi esami consentono di individuare squilibri (ad es. pronazione eccessiva) che possono essere corretti. In caso di infortunio acuto (per esempio tendinopatia d’Achille o distorsione di caviglia) il podologo fornisce immediati interventi di primo soccorso (taping, bendaggi protettivi) e collabora nella definizione del programma riabilitativo. Per le patologie croniche del piede del calciatore (fascite plantare, metatarsalgie, neuroma, patologie ungueali ripetitive) l’approccio è multidisciplinare: prevede fisioterapia mirata e, quando serve, trattamenti specifici podologici (decompressione dei calli, cura delle onicocriptosi ecc.).
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Valutazioni strumentali: esame statica/dinamica su pedana stabilometrica e baropodometria computerizzata per studiare le fasi del passo e il carico plantare.
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Prescrizione di ortesi plantari su misura: plantari termoplastici o in EVA realizzati layer-per-layer per sostenere l’arco plantare e correggere l’appoggio del piede. Questi dispositivi riallineano lo scheletro alla posizione ideale, distribuiscono uniformemente le pressioni e mitigano sovraccarichi localizzati, contribuendo a prevenire recidive degli infortuni.
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Trattamenti podologici: gestione di patologie acute (vesciche, unghie incarnite, piccole lacerazioni o ferite) e croniche (ipercheratosi, callosità, verruche plantari). Ad esempio, in caso di fascite plantare si possono applicare terapie fisiche (ultrasuoni, laser) abbinate a esercizi di stretching e a plantari di sostegno; in caso di metatarsalgia o neuroma si lavora sulla scarica plantare con ortesi personalizzate.
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Riabilitazione funzionale: dopo un infortunio sportivo il podologo indica protocolli di rinforzo muscolare, controllo dell’equilibrio e restituzione del passo corretto. Nel suo intervento si avvale di metodiche come kinesio-taping o esercizi mirati per ricontrollare la postura del piede in fase dinamica.
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Educazione dell’atleta: fornisce consigli pratici sulla scelta delle calzature sportive (adatte al tipo di piede e di attività) e sulle strategie igienico-sanitarie (cura della cute, prevenzione di infezioni e di lesioni da sfregamento). L’atleta viene istruito a segnalare tempestivamente ogni fastidio podalico (dal semplice dolore al tallone alle alterazioni ungueali) per intervenire prima che un piccolo problema si aggravi.
Nella figura è illustrato l’adattamento di un’ortesi plantare su misura: il tecnico sta sagomando un tutore personalizzato che sarà inserito nella calzatura del giocatore. Questo esempio evidenzia come il plantare sia un intervento chiave per riallineare il piede e distribuire uniformemente il carico durante il gesto atletico, migliorando la postura e riducendo il carico su tallone e avampiede.
Esempi pratici e modelli organizzativi
Nelle realtà professionistiche i podologi sono sempre più integrati negli staff sanitari delle squadre di calcio. In Italia, ad esempio, la FIGC ha storicamente inserito figure specialistiche: il Dott. Pierluigi Gennari è stato podologo della Nazionale (dal 1998 al 2016) e oggi collabora con club di Serie A come AC Milan, Juventus e Monza Anche enti come il centro MilanLab impiegano podologi per gestire la salute del piede nei loro protocolli di performance. In Spagna l’importanza del podologo è riconosciuta a livello federale: come riporta l’ospedale San Agustín, “todos los clubes cuentan con un Podólogo en su plantilla” per fronteggiare l’elevato numero di infortuni podalici tra i calciatori. Ad esempio, il Valencia CF e il Levante UD hanno podologi interni (Carme Viel, Santiago Muñoz) che collaborano attivamente con gli allenatori e il personale medico in chiave preventiva. Nel Regno Unito, analogamente, le federazioni e i club di Premier League affidano stabilmente un podologo alla squadra: la Royal College of Podiatry ricorda che “un club podiatrist sees all players regularly” ed è un membro essenziale dello staff medico. In questi contesti internazionali il podologo contribuisce a implementare piani di prevenzione infortuni basati sulla cura del piede, collaborando con fisioterapisti e preparatori atletici allo scopo di mantenere gli atleti in campo più a lungo e con migliori performance.
5. Il podologo nel calcio: esperienze internazionali e modelli di integrazione
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Panoramica su come viene inserito il podologo nei team sportivi in Spagna, Regno Unito, Argentina, ecc.
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Buone pratiche e linee guida ufficiali (es. FIFA, federazioni calcistiche).
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Differenze con il contesto italiano: limiti normativi e opportunità di sviluppo.
6. Conclusioni
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Sintesi dei punti chiave.
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Valorizzazione del podologo come figura essenziale nella medicina dello sport.
Proposte per una maggiore integrazione della podologia nel calcio professionale e dilettantistico
Bibliografia
Introduzione
Capitolo 2.
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Pacilio D., Anatomia del piede: ossa, articolazioni e muscoli. Podologia Pacilio (disp. web)【5†】.
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Capitolo 4
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Dott. Pierluigi Gennari (s.d.), Biografia – Podologo dello Sport (Studiopodologico Gennari, Roma).
Capitolo 5
Conclusioni